mercoledì 8 settembre 2010

Il Cancelliere del Gran Priorato Melitense O.S.J. Cavalieri di Malta Dr. Renzo Pampalon ringrazia il Professore Franco Bigatti per la sua superba esposizione


IL CODICE D'ONORE DEL CAVALIERE
Un codice d'onore della cavalleria in quanto istituzione cristiana non risulta sia mai stato redatto.È ben vero che noi potremmo compulsare la Sacra Bibbia, gli scritti dei Padri della Chiesa, le regole di quelli che chiamiamo comunemente ordini cavallereschi mentre meglio dovremmo parlare di religioni militari del medioevo precrociato e crociato.
Attraverso la collazione dei molteplici elementi di tale complesso normativo potremmo delineare una sorta di testo unico; ma una elencazione organica dei principi di fede e di morale, dei diritti e dei doveri del cavaliere cristiano in tempo di pace e di guerra, sarebbe oggi, con tutta probabilità, null'altro che un monumento storico assai poco illuminante.
Per ogni appassionato di storia sarebbe stato un vantaggio il possedere uno scritto organico, razionale nelle sue articolazioni, dettagliato nell'esposizione della normativa, esauriente e magari più completo dei testi unici e dei regolamenti che fanno da piattaforma ad una qualsiasi branca della vita sociale.
Codici del genere hanno impreziosito la cavalleria islamica e persino la classe dei samurai giapponesi, per non parlare delle allegorie degli esseni quali sono delineate nei testi qumranici. Ma la cavalleria cristiana dell'Europa medievale nulla o quasi pare avere lasciato. Eppure erano i tempi delle crociate antiislamiche in Terra Santa, della Riconquista nella penisola iberica da una parte, della lotta dei germanici cristiani contro i russi ortodossi, oltre che contro i tàtari musulmani.
Tra quell'epoca convulsa da una parte, e dall'altra il nostro Novecento declinante, si è avuta una fioritura letteraria impreziosita da Torquato Tasso e da Matteo Maria Boiardo prima di cadere nelle astrusità di Jacopo Gelli e dei suoi epigoni, fatte giustamente bersaglio della satira impietosa di quel cavaliere autentico, seppure disarmato, che fu Alessandro Manzoni. Conosciamo abbastanza bene, anche perché ne esiste una traduzione italiana, il Kitab af-Futuwah (Libro della Cavalleria), un trattato di Abu 'Abd ar-Rahman ibn al-Husayn as-Sulami, un dotto arabo vissuto tra il 932 e il 1021.
Assai meno noto è il Dokukodo (Camminare soli sulla strada) di Miwamoto Musachi, un samurai giapponese del XVII secolo. Pure, se cerchiamo un equivalente europeo dei due testi, dobbiamo rassegnarci, per quanto stupefatti d'una lacuna del genere nella letteratura neolatina, romanza, nei cui contesto brillano i poemi del ciclo carolingio e di quello bretone, con alla testa la Chanson de Roland.
Se taluni hanno scritto dei libri che saremmo tentati di tenere per fonti, lo hanno fatto quando la cavalleria in quanto istituzione viva e operante, se non era già tramontata, andava per lomeno percorrendo la fase terminale e la meno genuina della propria esistenza. Si sogliono citare il Libre del Orde de Ccivayleria del beato Ramón Llull, una "regola" scritta dal Vescovo di Cambrai, ed il Magnum Beigli Chronicon che riferisce l'incoronazione di Guglielmo d'Olanda a rè dei Romani; però il libro del Doctor illuminatus, come lo hanno chiamato il filosofo e mistico catalano, risale al 1275, il secondo documento è del 1330 e il terzo testo è stato scritto nel Quattrocento, quindi due secoli dopo l'incoronazione, avvenuta nel 1247, di colui che sarebbe succeduto a Federico II quale sovrano del Sacro Romano Impero.
Più utile potrebbe essere il Liber de vita Christìana di Bonizone vescovo di Sutri, un cremonese nato nel 1045 e linciato a Piacenza nel 1091, che alla personalità del cavaliere dedica un capitolo intero. Ma tale libro non l'ho reperito. La lacuna nel complesso degli scritti normativi è lo stesso punto dolente che hanno riscontrato gli studiosi in un passato ancora prossimo come nell'epoca a noi contemporanea, tutti alla ricerca d'un qualche documento che permettesse qualche cosa di più dell'annaspare nel mare, magnum della poesia e del romanzo. Quando Leon Gautier, nel 1894, diede alle stampe il suo La Chevalerie, non poté che affidarsi all'estro degli scrittori medievali; nel secondo dopoguerra, Gustavo Cohen nella sua Histoire de la chevalerie en France au Moyen Age (1949) non riuscì a andare più lontano.
Rassegnati dunque a rinunciare a un "manuale del perfetto cavaliere", cercheremo di enucleare qualcuna delle qualità più appariscenti che hanno connotato la dignità cavalleresca, e lo faremo ricorrendo a testi che, se nulla hanno di normativo, se non potrebbero essere intesi come strumenti giuridici, pure possono rendersi, per noi, fortemente illuminanti.
In primo luogo vediamo il menzionato Magnum Beigli Chronicon, redatto in occasione dell'incoronazione di Guglielmo d'Olanda a rè dei Romani, nel quale si legge: Regala Militaris Ordinis prcescripta Wilhelmo, cum in Regem Romanorum eligeretur a Principibus Imperi in Cominjs Coloniensibus. Anno Domini MCCXLVII. Dominus autem Cardinalis in Pontìfìcalibus assistens omamenns eidem Armigero dixit, secundum Etymologiam nominis, quod Miles esse debeat.-Magnanimus in adversitate.- Ingenuus in consanguineitate.- Largifluus in benestate.- Egregius in Curialitate.- Strenuus in virili peditate.Sed antequam votimi luce professionis facias cum matura deliberatìone, lugum Regulce prius audias.
Ista est Regula Militaris Ordinis.
I. Inprimis cum devota recordatione Dominicoe passionisMfssam quotiate audire.
II. Pro fide Catholica corpus audacter exponere.
III. Sanctam Ecclesiam cum ministris eius a quibusdam grassatoribus liberare.
IV. Viduas, pupillos, ac orphanos in eorum necessitate protegere.
V. Iniusta bella vitare.
VI. Iniqua stipendia renuere.
VII. Pro liberatìone cuiuslibet innocentis duellum mire.
VIII. imperatori Romanorum, seu eius patrocinio reverenter in temporalibus obedire.
IX. Rempublicam illibatam in vigore suo permittere.
X. Bona Feudalia Regni, ve!Imperi}nequaquam alienare.
XI. Ac irreprehensibiliter apudDeum, et homines in hocMundo vivere.
Regola dell'Ordine Militare prescritta da Guglielmo quando fa eletto Rè dei Romani dai Prìncipi dell'Impero nel congresso di Colonia nell'anno del Signore 1247.
Il Signor Cardinale, che assisteva in paramenti pontificali, disse a colui che secondo l'etimologia del nome si chiama l'Armigero, come debba essere il Cavaliere:- magnanimo nelle avversità,- generoso con la parentela,- abbondante di onorabilità,- distinto tra le autorità, - coraggioso nella milizia.Precisando: Prima che tu, con matura deliberazione, emetta il voto della tua professione, ascolta il giogo della regola.
Questa è la regola dell'Ordine Militare:
I. Innanzitutto ascoltare devotamente, ogni giorno, la Messa memoriale della Passione del Signore.
II. Esporre audacemente il corpo per la fede cattolica.
III. Liberare la Santa Chiesa con i suoi ministri da qualsiasi brigante.
IV. Proteggere nelle loro necessità le vedove, i fanciulli, gli orfani.
V. Evitare le guerre ingiuste.
VI. Rifiutare le ricompense ingiuste.
VII. Battersi in duello per la liberazione di qualsiasi innocente.
VIII. Obbedire rispettosamente, negli affari temporali, sia all'Imperatore dei Romani, sia alla sua autorità.
IX. Conservare lo Stato integro nel suo vigore.
X. Non alienare mai i beni feudali del Regno o dell'Impero.
XI. Vivere in questo mondo in modo irreprensibile al cospetto di Dio e degli uomini..
La Regula di Guglielmo, come gli altri scritti, certo non può soddisfare il nostro desiderio tutto moderno, tutto cartesiano se vogliamo, di vedere illustrata compiutamente la figura del cavaliere in ogni suo dettaglio, ponendole basi per orientarsi in un'eventuale casistica- Emergono da essa, nondimeno, i lineamenti d'un carattere che ben si addicono al cavaliere di ogni epoca come di ogni professione ideologica.
Anche se la cavalleria è aperta a tutti, il cavaliere è innanzitutto un "chiamato": è colui che risponde ad una "vocazione" in perfetta sintonia con Colui che "chiama": lo si dica Dio o Allah o s'impieghi qualsiasi altro termine.
È un credente pronto ad esporre la propria vita per la fede, ad affrontare il pericolo senza mai indietreggiare, senza debolezze, senza rassegnazione, bensì con l'audacia dei generosi, ogni qualvolta ravvisi il profilarsi d'un pericolo per la giustizia.
È un alleato degl'inermi, degl'indifesi, pronto a battersi per loro, rifiutando se del caso i vantaggi derivanti dal servire i potenti, e più sovente ancora, i prepotenti.
È fedele al suo dovere, e se il desiderio tutto umano, e dunque perfettamente comprensibile, del guadagno può agire da molla in tante evenienze, pure teme il disonore più della morte.
Non per nulla un cavaliere modello è stato Baiardo, il cavaliere senza macchia e senza paura.
La Regula di Guglielmo può essere illuminante; però vanno debitamente considerati i libri liturgici, nei quali si hanno parole interessanti. Il Pontificale Romanum, in un'epoca posteriore, ma certo riprendendo concetti e formulazioni del passato, fa pregare cosi il Vescovo ufficiante il rito consacratorio del Cavaliere novello: Domine sancte, Poter omnipotens, aeterne Deus, qui cuncta solus ordinas et recto disponis, qui ad coèrcendam malitìam reproborum et tuendain justìtìam, usum gladii m terris homini- bus tua salubri disposinone permisistì, et militarem ordinem ad populi protectionem instìtui voluistì, quique per beatum Joannem militibus ad se m deserto venientìbus, ut neminem con- cuterent, sedpropriis contenti essent stìpendiis dicifecistì: clementìam tuam. Domine, suppliciter exoramus, ut sicut David puero tuo Goliam supe- randi largitus es facultatem, et Judam Machabaeum feritate gentìum nomen tuum non invo- cantìum triumpharefecistì; ita et huic famulo tuo, qui noviterjugo militiae colla supponi!, piotate coelestì vires et au- daciam adfìdei etjustìtiae defensionem tribuas, et praestes eifìdei, spei, et charìtatìs aug- mentum; et da fui tìmorem pariter et amorem, humilitatem perseverantìam, oboedientiam, et patientìam bonam, et cuncta in eo recto disponas, ut neminem cum gladio isto, voi alio, inju- ste laedat: et omnia cum eojusta et recto defendat: et sicut ipse de minori gradu adnovum militiae promovetur honorem, ita veterem hominem deponens cum actìbus suis, novum induat hominem: ut tè tìmeat et recto coiai, perfìdorum consortia vitet, et suam in proximum charitatem extendat, praeposito suo in omnibus recto obediat, et suum in cunctisjuste afficium exequatur.
(O Signore santo. Padre onnipotente, eterno Iddio, che da solo ordini tutte le cose e le disponi secondo giustizia, tu che per reprimere la malvagità dei reprobi e per difendere la giustizia permettesti l'uso della spada sulla terra agli uomini secondo la tua salutare disposizione e volesti che fosse istituito l'ordine della Cavalleria per la protezione del popolo, e per mezzo del beato Giovanni facesti dire ai soldati che a lui nel deserto erano venuti di non depredare nessuno ma di essere contenti dei loro salari; supplici imploriamo la tua clemenza, o Signore: così come elargisti a David tuo servo la capacità di vincere Golia e facesti trionfare Giuda Maccabeo sulla malvagità delle genti che non invocavano il tuo nome, così anche a questo tuo servo, il quale va sottoponendo il collo al giogo della milizia, concedi con pietà celeste la forza e l'audacia per la difesa della fede e della giustizia, e aumenta la sua fede, la sua speranza e la sua carità; concedigli pure timore e amore per tè, umiltà, perseveranza, obbedienza, buona pazienza; disponilo per intero verso il giusto, affinché non danneggi ingiustamente alcuno con questa spada o con un'altra, e difenda con essa quanto vi è di giusto e di retto; e poiché egli è promosso da uno stato inferiore alla nuova dignità della milizia, così, abbandonato il vecchio uomo con le sue azioni, accolga in sé un uomo nuovo: ti tema, ti onori in modo giusto, eviti di frequentare i perfidi, rivolga al prossimo la sua carità, obbedisca rettamente al suo superiore in ogni occasione ed esegua sempre il suo ufficio secondo giustizia.
In queste espressioni ammantate di aulica solennità si tracciano i lineamenti essenziali del cavaliere cristiano ideale.
Non chiediamoci se a tanta magniloquenza abbia corrisposto una realtà: si sa che dal sacramento e dal sacramentale non bisogna attendersi dei miracoli, tant'è vero che lo spirito genuino del servizio armato si inquinerà al contatto con la ricchezza, il benessere, l'ascesa sociale, infettando l'istituzione cavalleresca con i germi della decadenza così come aveva fatto nel Cristianesimo prima col sacerdozio, e poi con il monachesimo.
Pur tuttavia, non va dimenticato che così come la goccia scava la pietra, la catechesi costante ha condotto ad una indubbia evoluzione, ad un ingentilimento dei costumi, a una ben più affinata visione dell'uomo e del suo modo d'intendere e, quel che più conta, vivere la fede cristiana. Un'altra fonte preziosa di notizie sulla cavalleria e i suoi adepti, i suoi ideali e le regole d'una convivenza non sempre pacifica tra gente incline per natura alla lotta o spinta dalla sorte alla professione delle armi, l'abbiamo nella letteratura.
Sulla base della tradizione orale, sono stati tramandati, in poesia come in prosa, eventi e personaggi che hanno acquistato un posto d'onore nella cultura dell'Europa neolatina e anglo-germanica.
Figure come Roland, Orlando per noi, l'eroe di Roncisvalle, sono state nei secoli l'anima del teatro dei "pupi" che è gloria della Sicilia e condivide con l'Estremo Oriente la funzione di strumento primario nell'educazione delle masse popolari.
Trasferiamoci in un qualsiasi ambiente dell'Europa sempre meno legata al civis romanus che aveva conquistato il mondo allora conosciuto imponendo la lex romana, e non quella soltanto.
Il susseguirsi delle immigrazioni dall'oriente e dal nord, l'alternarsi dei cosiddetti barbari, gli stranieri portatori di concezioni e costumanze nuove, avevano affievolito lo spirito dello ius atutto beneficio della forza, al senso del diritto era subentrata la volontà del più potente.
La saggezza della Chiesa ha fatto sì che energie dirompenti di uomini dal fisico robusto ma dallo spirito inquieto finissero incanalate e indirizzate con una gradualità imposta dalla natura umana più che da un piano organico di azione sociale.
Ma ancora più saggia dobbiamo considerare la politica di modellamento delle coscienze a partire dalla prima età. Perché è proprio negli anni più teneri che si forma il carattere e tante doti, siano innate od acquisite, si consolidano.
Comprendere bene questo fattore psicologico significa preparare le strutture portanti della società del domani, anche se non di rado il futuro ha riservato sorprese, delusioni, amarezze. "Cavaliere non si nasce, si diventa".
È come dire: nessuno nasce perfetto, il carattere va formato.
La pedagogia in quanto scienza continua ad insegnarlo; ma anche quando operava ancora in modo empirico seguiva appieno questo criterio.
Ecco perché troviamo nell'istituzione cavalleresca una particolare attenzione per l'adolescenza e per la stessa fanciullezza: così come la troviamo nella liturgia della quale è ben nota l'efficacia formativa in ogni condizione psicofisica oltre che sociale.
Una pedagogia per quanto rudimentale si pone degli obiettivi, più o meno chiari, più o meno organici, e di fronte alla varietà dei metodi uno ne adotta, non sempre consapevolmente. Sempre, comunque, ricorre alla legge della presentazione di modelli ai quali indirizzare i propri allievi: che i neofiti sono stati e continuano ad essere tali.
La cavalleria aveva da un lato da rafforzare i propri ranghi, dall'altro da preparare le proprie future leve; in vista d'una continuità nella quale si riflette l'istinto di sopravvivenza, dell'uomo come delle istituzioni, occorreva assumere appunto dei modelli mostrandoli come figure ideali non solo, ma pienamente raggiungibili.
Ed ecco delinearsi il cavaliere sans peur et sans reproche, senza macchia e senza paura, capace di vivere appieno lo spirito cavalleresco nec laudìbus nec timore, liberi dal calcolo del premio quanto dalla paura di punizioni. È vero che un tipo d'uomo di questo genere si ha sulla carta come anche in quelle buone intenzioni delle quali la saggezza popolare dice che è lastricato l'inferno.
Ma è altrettanto vero che se la cavalleria sviluppò una pedagogia sua propria, un'educazione peculiare per le finalità alle quali tendeva e che non sarebbero state di certo standardizzabili per la massa, lo fece prefiggendo a sé stessa ed ai suoi mèmbri, agli effettivi come a quelli da cooptare, un complesso di obbligazioni la cui osservanza conduceva all'elevazione costante, e non soltanto morale, mentre la loro violazione avrebbe comportato un abbassamento di fronte alla propria coscienza prima ancora che agli occhi altrui.
Immaginiamo un fanciullo che, accanto a una dama, ma soprattutto ad un cavaliere, sente parlare in termini positivi e lusinghieri di elementi della vita che fanno dell'uomo una personalità libera seppure disciplinata, soddisfatta nell'esercizio costante della fedeltà, preoccupata di riscuotere costantemente l'approvazione della casta dei propri simili.

Dieu premier servi: il servizio di Dio innanzitutto, così come proposto dai suoi rappresentanti in terra; quindi, Deus meumque ius, perché il senso della verità e del dovere non deve far velo alla difesa costante del proprio onore personale; poi l'esercizio di virtù naturaliter umane e per questo naturaliter cristiane, quali la disciplina, l'autocontrollo, la moderazione, la dedizione, la protezione dei deboli, la sollecitudine per i propri subalterni, la lealtà verso l'avversario, persino la generosità con il nemico sconfitto.
Un ruolo considerevole è assegnato ai rapporti con la dama, incarnazione della bellezza e della grazia. È un amore rispettoso, tutt'altro che sdolcinato. Certo, nel tempo nostro che vede predominare quella che molti e troppi chiamano sincerità, schiettezza e via dicendo mentre meglio parleremmo di postribolarismo predominante, una tale correttezza si stenta a comprenderla; ma la rottura di ogni senso morale significa proprio il contrario della libertà: il decoro, la dignità, l'indirizzare la natura umana verso l'impero della ragione sulla sensualità animalesca, sono valori che l'età cavalleresca quanto meno insegnava a rispettare, non a deridere.
Un'altra faccia del sentimento dell'onore e del dovere il fanciullo imparava: il mantenere fedeltà al suo signore e alla parola data. Il Machiavelli non era ancora nato, l'ideale era quello della "cortesia". In val d'Aosta, esempio degno di maggiore rilievo, i fanciulli di casa Challant venivano condotti di fronte agli stemmi degli antenati, e di ciascuno di questi si ricordavano le nobili azioni affinchè l'azione educativa si fondasse su elementi visivi tali da rafforzare la memoria e meglio foggiare il carattere. Erano la madre e due gentildonne a preparare il fanciullo a diventare paggio, quindi, alla corte d'un principe o d'un castellano, farsi domicellus e poi scudiere, percorrendo questo iter punteggiato da riti altamente formativi, fino a mostrarsi degno di portare le armi.
Il ventunenne aspirante, superato un vero e proprio esame sotto forma di un'impresa, veniva "armato" cavaliere, ossia, riceveva solennemente le armi tutte sue nel corso d'un rito liturgico di investitura così ricco di simboli visivi e verbali e gestuali, preceduto da una "veglia d'armi" essa pure condotta ritualmente in modo da fissare taluni punti chiave; ed è proprio da questo complesso di atti, se non iniziatici, certo altamente allegorici, che è possibile ricavare parte delle norme morali per le quali la cavalleria avvertiva un legame del tutto particolare.
Alla vigilia della solenne investitura il candidato si sottoponeva al bagno rituale che presenta tutti i caratteri della purificazione fisica intesa come un voto alla purezza dello spirito: una metanoia, un segno di penitenza e di conversione parallelo al battesimo. Indossava poi una cotta nera simbolo della morte, una tunica bianca simbolo dell'onore, e un manto rosso simbolo del sangue da versare, all'occorrenza, in difese della fede e di tutto ciò che è bene. Sempre digiuno, trascorreva la notte in cappella, ed era questa la "veglia d'armi". Il mattino, dopo la comunione sacramentale e la benedizione della spada, il Vescovo dava lettura dei doveri del cavaliere, poi procedeva all'investitura che consisteva nella vestizione (adoubement), nella consegna delle armi e nell'abbraccio finale (accolade): uno sviluppo delle tradizioni germaniche già note a Tacito e citate nella sua Germania. Ciascun elemento, come si può vedere, portava con sé un richiamo all'impegno di fedeltà da conservare al prezzo della vita stessa, al fatto che l'impiego delle armi era finalizzato alla tutela dell'onore di Dio e della Chiesa, del sovrano e dello Stato, di sé stesso e degli altri, specie i deboli, gl'inermi, gli indifesi. La stessa pompa del cerimoniale aveva una funzione ben precisa, più psicologica in senso ampliore che pedagogica in senso stretto: far comprendere che i valori soggiacenti a quelle esteriorità sfarzose erano inerenti al campo della morale e presupponevano l'impegno alla loro difesa.
Le parole "La mia anima a Dio, la mia vita al Re, il mio cuore alla mia dama, il mio onore a me", vanno ben distinte dalle frasi fatte, velano anzi tutta la filosofia della cavalleria medievale composta di idealità superiori. Varrà la pena di insistere sull'educazione cavalleresca come pure sul rituale dell'investitura perché, anche se non abbiamo noi un codice strido sensu, abbiamo però un quadro del complesso di valori dei quali il cavaliere doveva rappresentare l'incarnazione.
Nella preparazione pluriennale non sarà difficile scorgere una chiara intenzionalità axiologica, una prospettiva alla quale orientare l'azione di chi, in vari tempi e a diversi livelli, aveva il compito delicato di farsi maestro d'un fanciullo, poi d'un adolescente, infine d'un giovane, con la piena consapevolezza che quell'allievo era stato chiamato da un destino sconosciuto e insondabile a farsi, un giorno, il portatore d'un ideale non solo, ma il difensore d'una visione tutta particolare della vita: armato di spada perché coscientemente votato al sacrificio.
Un difensore esperto delle cose del mondo, esperto, per lo più a proprie spese, del fatto che il mondo non solo misconosce, ma disprezza e combatte ogni concezione elevatrice dello spirito, ogni ideologia schiettamente aristocratica. E tutto quello che può contribuire a rendere egregius l'uomo, ad elevarlo facendolo emergere dal gregge amorfo, anonimo, incolore, è sempre stato riguardato come un donchisciottismo di nessuna utilità o spregiato come espressione di superbia. Come in tutto ciò che è legato all'umanità, c'è da pensare che nell'intersecarsi della combattività con la religiosità ci fossero più aspirazioni che realtà; comunque, la regolamentazione nel ricorso alla forza e nell'uso delle armi così come adombrata da quanto rimane dei codici offre un contributo non indifferente alla comprensione d'un fenomeno che non sarebbe esatto circoscrivere al cristianesimo medievale e che spiega come sia stato possibile parlare di religioni militari ed anche di monaci guerrieri.
Verranno i giorni in cui troverà accentuazione il misticismo che indirizzerà a ideali meno materiali, e più spiritualizzati ne risulteranno sia lo spirito, sia lo stile di vita. Si parlerà della queste du Graal, della ricerca del Santo Graal a voler simboleggiare l'anelito a quanto di più elevato possano albergare l'intelletto ed il cuore dell'uomo.
Quanto ho esposto non è di certo soddisfacente per il mio cortese uditorio, così come non lo è per me. Non lo considero una trattazione, ma solo un accenno, la puntualizzazione d'un tema che varrà la pena di sviluppare e approfondire sotto il duplice profilo storico e morale. Il mondo contemporaneo offre ai nostri occhi la visione d'una società che non lascia troppo sperare anche se non può dirsi tutta depravata, anche se lo stato di abiezione in cui è stata volutamente gettata viene dal calcolo d'una malvagità variamente paludata. L'irridere ai valori cavallereschi, ai valori morali tout court, il rafforzarsi costante dello spirito di casta nella lotta per il potere socio-politico ed economico, ha condotto ai risultati che tutti vedono fuorché coloro che dovrebbero vederli. Ma anche se non tutti hanno smarrito la retta coscienza, anche se esiste ancora la santità di vita spinta fino al suggello del martirio, sarà giocoforza guardare al futuro senza illusioni. Noi comunque seminiamo affinché nel mondo di domani i valori della cavalleria possano emergere e trionfare sui disvalori dell'ora presente.

Il Cancelliere del Gran Priorato Melitense O.S.J. Cavalieri di Malta
Dr. Renzo Pampalon
Come tutti i Cavalieri del Mondo ringraziano il Professore Franco Bigatti per la sua superba esposizione e per avermi permesso ed onorato di pubblicarla nel mio blog.

mercoledì 25 agosto 2010

Cancelliere del Gran Priorato Melitense O.S.J.Don Renzo Pampalon presenzia la gara canora delle varie parrocchie della chiesa Messianica Costa d'Avorio


SUA EMINENZA PAOLO DE BERNARDINI RAPPRESENTANTE DELLA CHIESA MESSIANICA PRESSO LA COMUNITA EUROPEA, sulla destra, DJAMAN DJAMA ALBERT, 1er Vice-Présidente della Chiesa Messianica della Côte d’Ivoire
Don Renzo Pampalon, Cancelliere del Gran Priorato Melitense O.S.J. Cavalieri di Malta
GARA CANORA DELLE VARIE CHIESE MESSIANICHE DEL DISTRETTO DI ABIDJAN

venerdì 20 agosto 2010

S.A. Don Salvo Francesco Callegaro Governatore Generale del Priorato Melitense e Don Renzo Pampalon: Ringraziamento della Chiesa Messianica per la partecipazione al loro 47simo anniversario


Son Eminence AKMEL Lasme Etienne, Président et Chef Spirituel de l’Eglise Messianique de Côte d’Ivoire et Monsieur DJAMAN Djama Albert, Premier Vice-Président de l’Eglise remercient vivement le Chancelier du Grand Prieure Melitense O.S.J. Chevaliers de Malte S.E. Don Renzo Pampalon pour sa participation aux journées de prière qui ont marqués le 47ème anniversaire de notre communauté, et aussi le Gouverneur Général du Grand Prieure Melitense S.A. Don Salvo Francesco Callegaro et tous les Chevaliers pour leurs participation morale.

C’est une marque de confiance et de grande amitié que l’Eglise ne saurait oublier.
Nous demandons à l’Esprit Saint Josué de vous faire connaître les jours heureux et qu’il vous garde en paix.
Que la Grâce, le Bonheur, la Richesse, la Prospérité vous soient donnés de la part de notre Dieu qui règne pour les siècles et des siècles.
Adacio ! Adacio ! Adacio !
Son Eminence



TRADUZIONE


Sua Eminenza AKMEL Lasme Etienne, Presidente e Capo Spirituale della Chiesa Messianica della Costa d’Avorio ed il Signore DJAMAN Djama Albert, Primo Vice Presidente della Chiesa ringraziano vivamente il Cancelliere del Gran Priorato Melitense O.S.J. Cavalieri di Malta S.E. Don Renzo Pampalon per la sua partecipazione alle giornate di preghiera che hanno sottolineato il 47simo anniversario della nostra comunità, e anche il Governatore Generale del Gran Priorato Melitense O.S.J. Cavalieri di Malta S.A. Don Salvo Francesco Callegaro e tutti i Cavalieri per la loro partecipazione morale.
La vostra partecipazione e’ stato un segno di fiducia e grande amicizia che la Chiesa Messianica non dimenticherà.
Noi domandiamo allo Spirito di San Josué di farvi avere giorni felici e che vi conservi in pace.
Che la Grazia, la Ricchezza, la Prosperità vi siano donate da parte del nostro Dio che regna nei secoli dei secoli.
Adacio ! Adacio ! Adacio !

Sua Eminenza

Don Renzo Pampalon, Cancelliere del Gran Priorato Melitense OSJ :Invito ad Akradio per il 47simo della Chiesa Messianica della Costa d'Avorio


Son Eminence AKMEL Lasme Etienne a le plaisir de vous informer que les festivités marquant le 47ème anniversaire de l'Eglise Messianique de Côte d'Ivoire auront lieu les 25, 26, 27 et 28 juillet 2010 à Akradio, Dabou.

A cette occasion, nous vous invitons en Côte d'Ivoire à cette fete à laquelle nous accordons beaucoup d'importance.
C'est l'occasion pour nous tous de célébrer la paix, la fraternité et l'amour entre tous les peuples.
Il est important que nous nous occupions des affaires de notre Dieu pour le grand regne de sa justice et pour le bonheur de tous les hommes, sans exception.
Hosanna ! Hosanna ! Hosanna ! Adacio ! Adacio ! Adacio !
DJAMAN Djama Albert,
Premier vice-président du conseil d'administration de l'Eglise Messianique

Chancelier du Grand Prieure Melitense O.S.J. Chevaliers de Malte S.E. Don Renzo Pampalon
Voici votre invitation à la fête Akradio 2010.
Commissaire Djaman Djama





TRADUZIONE


Sua Eminenza AKMEL Lasme Etienne ha il piacere d’informarvi che le festività del 47esimo anniversario della Chiesa Messianica della Costa d’Avorio si svolgeranno il 25, 26, 27, e 28 Luglio 2010 ad Akradio, Dabou.
Per questo evento vi invitiamo in Costa d’Avorio, infatti, noi diamo grande importanza a questa festività.
Questa e’ l’occasione di tutti per celebrare la pace, la fratellanza e l’amore tra tutti i popoli.
E’ importante che ci si occupi del nostro Dio per il grande regno della giustizia e per la felicità di tutti gli uomini senza eccezioni.
Osanna ! Osanna ! Osanna ! Adacio ! Adacio ! Adacio !

DJAMAN Djama Albert,
Primo Vice Presidente del consiglio d’Amministrazione della Chiesa Messianica

Cancelliere del Gran Priorato Melitense O.S.J. Cavalieri di Malta S.E. Don Renzo Pampalon
Ecco il Vostro invito per la festa di Akradio 2010

Commissario Djaman Djama

mercoledì 18 agosto 2010

Don Renzo Pampalon, Cancelliere del Gran Priorato Melitense OSJ: MI SENTO PROFONDAMENTE ONORATO DEL RINGRAZIAMENTO dell'Universita Apollonia


MI SENTO PROFONDAMENTE ONORATO DEL RINGRAZIAMENTO E SPERO CHE IN FUTURO, IL SOTTOSCRITTO E TUTTO IL SOVRANO ORDINE MELITENSE DI SAN GIOVANNI DI GERUSALEMME CAVALIERI DI MALTA, CAPEGGIATO DA S.A. DON SALVO FRANCESCO CALLEGARO, SI POSSA FARE ANCORA DI PIU' PER GLI STUDENTI SVANTAGGIATI.




TRADUZIONE DELLA LETTERA DI RINGRAZIAMENTO.


A Sua Eccellenza PAMPALON DON RENZO

Vogliamo esprimere il nostro apprezzamento per la vostra generosità nel donare attrezzature mediche che ci aiuteranno alla formazione dei nostri studenti della Facoltà di Odontoiatria della "Apollonia" University.

Per questo motivo rivolgo a voi l'invito a onorarci con la vostra visita ogni volta che lei ne abbia l'occasione e il piacere di farlo.

Nello stesso tempo, vi chiediamo gentilmente di fornirci l'indirizzo di S.A. Don Salvo Francesco Callegaro in modo di potere stabilire un contatto con la sua eccellenza.

Speriamo di avere una proficua collaborazione vantaggiosa per entrambe le parti, con i nostri ringraziamenti ei migliori auguri.

Prof.dr. Carmen Stadoleanu

giovedì 12 agosto 2010

OSJ GRAN PRIORATO MELITENSE, Don Renzo Pampalon, AUGURA A TUTTI I CAVALIERI UN FELICE E SERENO 15 AGOSTO 2010



AUGURO A TUTTI I CAVALIERI, DAME E AMICI, UN FELICE E SERENO
15 AGOSTO 2010



Storia del perché si festeggia e si fanno gli auguri in questa giornata di Agosto

Il termine Ferragosto (dal latino Feriae Augusti = riposo di Agosto) indica una festa popolare, dalle radici antichissime, che si svolgeva il 15 agosto per festeggiare la fine dei principali lavori agricoli.

Nell'occasione, i lavoratori porgevano auguri ai padroni, ottenendo in cambio una mancia.

Tale festa era tipicamente romana, tanto che in età rinascimentale fu resa obbligatoria dai decreti pontifici.

La ricorrenza discende direttamente dai "Consualia", il periodo di festa e riposo che nell'antica Roma repubblicana si dedicava al dio Conso, protettore dell’agricoltura.

Agli inizi dell'età imperiale (18 a.C.) tali ferie vennero ribattezzate come "Augustali", in onore del compleanno dell'imperatore Ottaviano Augusto, da cui deriva l'attuale denominazione del mese di agosto.

Nel corso dei festeggiamenti, in tutto l'impero si organizzavano corse di cavalli e gli animali da tiro (cavalli, asini e muli) venivano dispensati dal lavoro e agghindati con fiori.

Tali antiche tradizioni rivivono oggi, pressoché immutate nella forma e nella partecipazione, durante il celeberrimo "Palio dell'Assunta" che si svolge a Siena il 16 agosto.

Dopo la caduta dell'impero la chiesa ne ha fatto la festa dell'Assunzione di Maria (madre di Gesù) in cielo (fatto ritenuto "probabile" per secoli, ed elevato a dogma solo il 15.8.1950 da Pio XII).

Tradizione tipicamente italiana, all'estero la festa è meno sentita che da noi, ma ebbe un grande impulso sotto Napoleone (nato il 15.8, a meno che non abbia falsificato la data di nascita per farla coincidere con quella di Augusto, così come si è ringiovanito di due anni per nascere francese e non genovese).

Il Ferragosto è visto come giorno dedicato alla balneazione, nelle zone vicine a mari e laghi.

Ma non bisogna dimenticare le tradizionali gite fuori porta verso località montane o collinari, in cerca di refrigerio.

Buon Ferragosto a tutti.
Sempre in San Giovanni

Don Renzo Pampalon Cancelliere
Del Gran Priorato Melitense
Dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme

mercoledì 11 agosto 2010

Don Renzo Pampalon: UTOPIA DEL VERO CAVALIERATO

UTOPIA DEL VERO CAVALIERATO




Se qualcuno vi chiederà quanti Cavalieri di Malta vi sono o siete?

Rispondete: Siamo noi, poiché i nostri

Fratelli siamo noi e noi siamo i nostri

Fratelli


Ciascuna epoca presenta mezzi diversi per combattere l’ignoranza, quel buio che degrada l’uomo, impedendogli di praticare la vera morale naturale.


Se i Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense nei tempi passati erano costretti quasi a nascondersi per fare del bene, grazie a quei martiri, adesso possiamo, per comunicarci le idée, e accordarci sui mezzi che ci possono portare con grandi passi verso l’obiettivo della società usiamo la stampa, internet e tutti i mezzi che la società può metterci a disposizione.

Ecco dunque lo scopo di questo articolo o lettera verità.

Illuminiamoci gli uni con gli altri per essere degni di applicare, propagare e dirigere i principi morali universali, per la libertà e prosperità della nostra terra, per il bene dell’umanità mettiamoci in posizione, con un accordo perfetto fra fratelli, per diffondere la luce in tutte le classi della società, perché solo così raggiungeremo la perfezione, questo grande scopo al quale tende tutto il mondo.

Cerchiamo di attirare la buona volontà degli uomini potenti per la nostra terra, lavorando per il suo sviluppo.

L’attuale preoccupazione generale è, oltre alla filantropia, attivare lo sviluppo morale e materiale della campagna, educando e istruendo gli abitanti e aiutando gli agricoltori, i commercianti e ancor di più gli industriali, in modo che diano molti posti di lavoro.

A questo scopo la Fratellanza dei Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense, tra le altre donazioni, si e’ impegnata in Costa d’Avorio ad aprire una scuola per bambini, così che tramite maestri istruiti, molti giovani che, oltre agli studi necessari a qualunque buon cittadino e genitore di famiglia, impari sistematicamente una professione.

I cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense hanno anche progettato l’apertura di alcune scuole per adulti dove possono insegnare, oltre all’enciclopedia delle scienze, anche le necessarie nozioni per avere una vita morale e fisica, per adesso solo tre professioni: muratore, falegname e fabbro.

Dei giovani che si distingueranno, uno o due, alla fine dei corsi saranno inviati in terre dove la specializzazione di ciascuno verrà perfezionata.

I Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense si occuperà anche nel formare alcune associazioni profane per incoraggiare l’agricoltura; ad ora, si sono fondati ospizi e altri stabilimenti e lavorano in questo senso.

Vediamo con viva soddisfazione che ogni Stato contattato dal Gran Priorato Melitense, si è fatto carica di questa verità, capendo che l’umanità non si rigenererà, che il progresso non sarà ottenuto, fino a quando in tutte le parti del mondo, le società composte dagli apostoli del bene, lavoreranno duramente per realizzare i grandi principi di educazione e istruzione dell’uomo, in modo di migliorare e accrescere la produzione di ciascuno Stato.

Rilevare dai governi profani tutto, anche quando presupponiamo che essi non risparmierebbero neanche un sacrificio per raggiungere questi scopi, tuttavia l’umanità non farebbe che un insignificante progresso.

Veramente i numerosi incarichi e la quantità degli ostacoli dei governi profani, la ristrettezza dei mezzi dei quali i governi possono disporre e, le difficoltà che trovano nel procurare questi mezzi, come l’oppressione causata dalle imposte che loro sono obbligati a pretendere, sono così tante difficoltà, così tante circostanze che paralizzano anche la più forte attività.

L’iniziativa isolata dell’individuo è molto debole e marginale per completare quella dei governi profani e così solo con l’iniziativa di alcune strutture come i Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense del Mondo, può velocizzare e ingrandire il progresso di ogni Stato e dell’umanità in genere.

La necessità e l’utilità di alcune società per l’educazione, scientifica, agricola,

commerciale ed industriale sono indiscutibili.

Il potere delle associazioni è immenso, tutto quello che è umanamente possibile quanto colossale si dovrebbe realizzarlo in associazione?

Quale altro modo di associarsi potrebbe offrire più vantaggio se non quello dei Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense?

Un apostolato composto di uomini probi, uniti tramite il dolce e sacro legame della fratellanza, degli scopi e del giuramento.

Un apostolato che lavora senza inorgoglirsi dei risultati del proprio lavoro, che si riunisce, discute, decide e lavora con energia e devozione: che non entra mai nelle lotte disastrose della politica militante. — La quale, in tutti i tempi ha bagnato croci, patiboli e templi con il sangue dei suoi membri per il bene dell’umanità; per noi è indiscutibile che si possa, con sicurezza e meglio di qualsiasi altra struttura , far prosperare rapidamente e rigenerare l’umanità.

Per quanto riguarda poi i progressi d’interesse generale un’altra novità ci piace molto: discutere e tracciare una quantità di questioni filosofiche, morali, giuridiche, economiche, etc., in modo che portino avanti i discorsi più espressivi, pro e contro, in modo che possano essere letti e discussi da tutti.



FRATERNITA’



La fratellanza tra i Cavalieri è un legame intimo, un’unione basata sull’uguaglianza, un’alleanza vera con sentimenti di affetto, ecco come si può definire la fraternità; qualunque altra definizione è pallida e arbitraria soprattutto ogni volta che si vuole imporre un nome a un’idea tanto importante quanto quella della fratellanza.

L’idea si sente, si rappresenta con una parola, ma non è mai definibile con precisione: il più sublime sentimento è la Fraternità, essa comprende in se la vera amicizia che è sempre stata la passione dei grandi cuori.

E sacro e naturale il legame di parentela che esiste fra due persone generate dallo stesso padre, le leggi naturali e civili lo riconoscono e lo sanciscono, ma non è questo l’oggetto dei nostri interessi.

Qui parliamo dell’affetto che deve esistere tra tutti gli uomini, che discendono da un autore comune con il fine di vivere nella società, avendo da compiere gli stessi interessi e gli stessi scopi: parliamo della stessa unione che deve regnare tra i membri del genere umano, i quali devono assolutamente essere forti per affrontare la lotta generale imposta dai pregiudizi, vizi e corruzione; parliamo in fine, di quel sentimento che risiede negli uomini che praticando i precetti delle virtù, vedono nel suo simile un vero fratello, l’umanità intera come fosse una sola famiglia?

Basandoci sulle tradizioni ci innalziamo, gli uomini non hanno forse gli stessi elementi nella loro organizzazione fisica e morale?...

Per le leggi della natura gli uomini sono fratelli, uguali tra loro, per diritti e doveri.

“Dio non ci ha fatto né piccoli, né grandi, né padroni né schiavi, neppure re, né sudditi: Lui ci ha fatto tutti uomini uguali.”

Se a causa dell’ignoranza e della corruzione, da una parte, e dall’altra parte a causa dell’invidia, dell’orgoglio e del despotismo, gli uomini hanno soffocato quel sentimento naturale e hanno distrutto l’uguaglianza che dovrebbe vigere tra di loro, non è allora dovere di quelli virtuosi di ristabilire l’ordine naturale?

Ma quali potrebbero essere i rimedi per distruggere questi effetti del male?

Qualunque individuo che mantiene la facoltà di pensare risponderà sicuramente:

“Sradica le cause e gli effetti spariranno immediatamente”.

Illumina l’individuo che compone la società, e la gente indignata dall’umiliazione che gli s’impone, respingerà con disprezzo la tirannia sotto ogni sua forma che gli si presenti; moralizza l’uomo, fallo degno di camminare sulla strada del bene e della virtù, e il sentimento del male, e le predisposizioni viziose, andranno in fumo.

Com’è difficile nonostante tutto concretizzare questi impegni: coloro che vorrebbero intraprenderli da soli, tenterebbero l’impossibile, si sgretolerebbero al primo ostacolo che troverebbero sulla loro strada.

Per quanto l’umanità, sotto il potere dell’egoismo, non penserà che a interessi meschini e staranno divisi, l’oppressione e le sofferenze saranno generali e permanenti.

Se veramente si volesse concretizzare e realizzare, l’unione per quanto non sarebbe facile per le troppe differenze mentali, almeno potrebbe essere realizzabile; ma questo non è sufficiente, perché con tutte le difficoltà che comporterebbe nel mettere d’accordo gli uomini dei popoli; un’unione temporale, un’unione poco solida, sarebbe solo inefficace, e perniciosa’: Il genio del male la dissolverebbe, e nel suo trionfo soffocherebbe per sempre, ogni idea di verità, libertà, uguaglianza e patria.

Perché l’unione possa essere compatta, perché l’unione produca forza, essa deve essere strettamente legata con il sentimento della fraternità, tramite quell’amore che la nascita produce tra i figli dello stesso genitore; lavorare uno contro l’altro, quello è un crimine, bensì, bisognerebbe aiutarci mutualmente in tutti gli atti della vita.

Solo capendoci e amandoci l’un l’altro, i membri delle società proseguiranno sulla strada del bene e della civilizzazione, senza ulteriori martiri della libertà e falsi apostoli della verità.

Se ci costringiamo a mantenere nei nostri cuori questo nobile affetto cercando di non abbandonarlo mai il mondo sarebbe un vero paradiso.

Correggiamoci l’un l’altro, ma con lo stesso amore che la natura ha messo nei cuori dei fratelli, facendoci così degni del nome di Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense: per questo scopo non dobbiamo risparmiare alcun sacrificio, perché se così facessimo, diverremmo un gregge sperduto; dunque dobbiamo fare l’impossibile per fare brillare nei cuori dei profani la fraternità universale, perché possano lottare con noi per la verità, diritto e patria.



ALCUNE DOMANDE! ALCUNE RISPOSTE! IMPEGNI SOCIALI!



TESI FILOSOFICHE



Come può la formula dei Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense conciliarsi con qualsiasi convenzione filosofica?

Come può la formula dei Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense di Libertà, Uguaglianza, Fraternità essere la sintesi del concetto del progresso Umano illimitato e indefinito?

Vi e’ forse qualche confessione religiosa che si oppone al concetto di Fratellanza dei Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense?

Assolutamente NO, perché i Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense abbracciano ogni religione che crede in DIO, con qualsiasi nome gli esseri umani lo preghino o gli diano.





TESI SOCIALI



Argomenti per combattere la teoria giuridica della pena capitale e i mezzi per impedirne l’applicazione.

Argomenti per combattere la teoria della necessità delle guerre e mezzi per impedirle.







TESI SIMBOLICHE



Fare conoscere al mondo la storia, i riti, le principali regole e simboli dell’Ordine.

Divulgare quali sono i principali simboli, comuni a tutti i riti dei vari rami dei Cavalieri di Malta dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, e come affermano la loro unità ed il concetto filosofico e umanitario dell’apostolato?

Sviluppo storico della dei Cavalieri di Malta del Gran Priorato Melitense nelle diverse epoche, secondo il linguaggio e il simbolismo della Cavalleria.





TESI STORICHE



Quali sono le vere origini che si possono attribuire ai Cavalieri di Malta?

In quali epoche antiche le manifestazioni della vita pubblica nel mondo, anche tra i più profani possono avere constatato l’esistenza e il lavoro unitariamente costruttivo dei Cavalieri di Malta?

Che documenti (libri, pergamene, medaglie, pitture,sculture, mosaici, giornali, etc.) delle precedenti esistenze storiche dei Cavalieri di Malta sono possedute e conosciute nei diversi luoghi del mondo?



TESI RITUALI



E’ ammessa la libertà di tutti i Riti religiosi che credono in Dio.

Ammesso che molti rami dei Cavalieri di Malta dell’Ordine di San Giovanni, semplificano in molte parti le Cerimonie e Rituali delle investiture; quali sono i riti che durante le cerimonie in nessun caso possono essere omessi?



TESI GIURIDICHE



Se nei tempi antichi esisteva a seconda dei gradi un certo carattere di servilismo, ora nella nostra era ogni Cavaliere stando allo Statuto ha gli stessi diritti e doveri?

Se un Cavaliere dopo che si è dimesso dalla sua carica operativa conserva sempre il carattere Cavalleresco, gli si possono applicare le procedure Cavalleresche nel caso fosse incolpato di qualche delitto, sia Cavalleresco che privato?

Come i principi della solidarietà Cavalleresca non permette mai ai Cavalieri, in considerazione della fratellanza, di favorire l’ingiustizia e di non esitare un solo momento nel compiere rigorosamente i loro doveri anche se profani.



TESI FINANZIARIE



Quali sono i mezzi con i quali la Cavalleria può acquisire la ricchezza necessaria al raggiungere il suo scopo?

Come potrebbe la Cavalleria costituire un credito gratuito in favore dei fratelli industriali per permettere a loro di intraprendere e sostenere bene e onestamente le industrie profane?

Quali sono i mezzi più giusti con i quali si potrebbero costringere i Cavalieri a pagare regolarmente le quote?





GIUSTIZIA



La giustizia è da sempre la grande divinità degli Imperi, la sola Provvidenza delle nazioni, ed è il diapason delle virtù che le giudica tutte.

Anticamente la riconoscevano con il nome di Astree (nella mitologia greca dea figlia di Zeus e della titanide Temi, personificazione della giustizia insieme alla madre), gli uomini l’hanno chiamata Themis, e le divinità la chiamavano semplicemente Verità.

Gli antichi, nel loro linguaggio allegorico, dicevano che la giustizia è la figlia della verità e le davano come sorella la virtù, per loro, la verità in se è figlia di Saturno, cioè il tempo.

Perché gli antichi fecero due creature distinte della giustizia e della virtù?

O meglio perché non decisero che la virtù nascesse dalla Giustizia?

Può essere un uomo virtuoso e ingiusto allo stesso tempo?

Ma se non ci precipitiamo a biasimare i nostri padri, questa contraddizione comprende in se una lezione di grande significato.

La virtù creatura collettiva, sottintende tutti i doveri dell’uomo: Pietà filiale, Amore coniugale, temperanza, Carità, Modestia, amor di patria, coraggio civico,etc.

Ma quale di questi doveri non presuppone la giustizia?

La Giustizia è anteriore a tutti, è troppo importante per fare di lei solo una semplice parte della virtù.

Questo è comperato, questo è caritatevole, quello è un buon socio: Decius e Assas si sono donati alla patria, Catone e Hopital sono stati magistrati giusti, Fenelon (Fénelon, pseudonimo di François de Salignac de La Mothe-Fénelon, è stato un religioso, teologo e scrittore francese), è stato distrutto dal suo prossimo,Vincent de Paul è stato l’apostolo della carità, Aod e Brutus hanno distrutto tiranni, Leonidas è morto per il suo Paese, Lycurgue gli fu legislatore.

Chiunque può possedere una o più virtù, ma chi può essere pienamente virtuoso?

Realmente si è fatta della giustizia una creatura a parte, una divinità, per potercene servire con il linguaggio della Mitologia, avendo il culto e i suoi altari separati.

Così che senza giustizia non ci sono che atti di virtù, ma non certamente virtù completa, ma la giustizia può sostituire tutte le virtù, perché, come detto, le comprende tutte.

Per seguire la legge, l’uomo deve essere temperato, dato che l’intemperanza toglie la facoltà di giudicare giustamente, e deve essere caritatevole, così ché si dirà:

“Non è conveniente che io sia allegro quando mio fratello è afflitto e che tenga solo per me i beni che la natura ha creato per tutti, sarà tollerante, perché capirà che non è corretto imporre la propria fede agli uomini, così come lui, non gli si può negare la facoltà di ragionare, ed essere un buon cittadino perché saprà, che questo è un dovere sociale, e sarà ugualmente un buon figlio, buon fratello, buon socio, buon padre, poiché sentirà che questi sono doveri naturali”.

E si dirà:

“La Giustizia chiede di adempiere ai doveri della natura e della società, dato che l’uomo è assoggettato alla legge del dovere, e rispettare tutti gli obblighi che la parola virtù sottintende”.

La saggezza è l’apogeo della virtù.

Chi vuole divenire saggio inizi entrando nel cammino della virtù, la giustizia gli servirà da guida e non dipenderà che da lui essere giusto.

La giustizia è innata nel cuore dell’uomo, che ha come guida la coscienza.

La coscienza non sbaglia mai, e’ il testimone che parla forte senza aspettare di essere interrogato, e’ un giudice integro e aspro che non attende di essere sollecitato per dare la sentenza, e’ inoltre quel boia impietoso che tortura giorno e notte la sua vittima, senza stancarsi mai.



La coscienza,è un accusatore cattivo che si manifesta facendo arrossire la fronte dell’incolpato, toglie dalle sue parole il tono e l’emotività’della verità, in modo che la sua dignità possa incutere rispetto, la coscienza impedisce il suo sonno e sveglia l’uomo spaventandolo, soprattutto quando ad un’ora imprecisata dove viene raggiunto sia negli attimi di solitudine che nelle feste rumorose portando un turbamento spesso mortale.

La coscienza in fine, disse Nemesis (è una figura della mitologia greca, secondo alcuni figlia di Zeus, secondo altri figlia di Oceano e della Notte), e’ la madre dei rimorsi che macinano l’anima e che tace qualche volta sotto il peso del crimine, ma che subito dopo si rialza inesorabilmente ancora più terribile.

O giustizia!

Sì, tu sei innata nel cuore dell’uomo, nessuno può soffocare la tua voce.

La verità e l’errore si disputano il mondo, così è la sorte dell’infima umanità; solo tu sei la stessa ovunque, e qualsiasi sia il culto, qualsiasi siano le leggi, le abitudini, solo tu, non cambi mai.

La giustizia è il fondamento di qualsiasi società, senza di essa due uomini non potrebbero vivere assieme.

La pace della società dipende dalla giustizia.

Pacificate tutti i cuori e avrete fatto tutto per la libertà, la giustizia: la vera giustizia, produce tranquillità; la virtù consiste nel dare l’amore, e automaticamente si avranno gli effetti intellettuali della giustizia.

Il mondo profano si agita in un discordie infinito, l’ambizione e tutte le passioni cattive fanno una Guerra infinita; il ricco disprezza il povero, il forte opprime il debole; ma la giustizia ha pronunciato l’anatema contro l’egoismo del ricco e contro la violenza dei prepotenti.

E voi, Cavalieri del Gran Priorato Melitense dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, scelti tra tanti altri, siate degni di questo alto favore; la giustizia che sia sempre la vostra regola.

E se per un momento la dimenticate, guardatevi allo specchio e soprattutto ponete lo sguardo sull’emblema che portate sul risvolto della giacca “La croce a otto punte” e ritroverete la forza affinché il vostro lavoro, cioè la vostra vita ,sia giusta e perfetta.

La giustizia, fratelli, è la prima lettera del nome di Geova; per sillabare questo nome divino, dobbiamo conoscere il senso di ciascuna lettera che lo compone; così Pythagora (riverito come un grande matematico, mistico e scienziato, ed è meglio conosciuto per la Teorema di Pitagora) ha detto:

“Dio è Dio perché è giusto, infatti questo nome lo si pronuncia solo in preghiera, e va saputo che nel linguaggio primitivo a ciascun nome corrispondeva un essere al quale era applicato”.

La Giustizia è Tzedaka (Giustizia ebraica: e' un precetto positivo dare la Tzedakà ai poveri in ragione di quanto è dovuto al povero, se chi dà ne ha la facoltà, come è detto "Aprirai la tua mano". Chiunque veda un povero che mendica e fa finta di niente e non gli dà la Tzedakà contravviene ad un precetto negativo ed è detto : "Non indurire il tuo cuore e non chiudere la tua mano verso il tuo fratello povero".,, primo gradino della scala misteriosa che

è anche la settima e l’ultima, con il nome di Theobounah; per questo i saggi l’hanno considerata come l’inizio e la fine.

I nostri avi in Egitto leggevano sulla sacra pietra di Sais (città sacra nella quale vi e’ il tempio ove all’interno e’ conservata la sacra pietra):

“Voi per i quali la vita inizia o finisce, ricordatevi che la luce eterna condanna l’ingiustizia”.

Hierophantul (capo prete dei misteri eleusini che erano le cerimonie di iniziazione e si tenevano una volta all’anno), diceva ai suoi primi adepti:

“Andate per le strade della giustizia”.

In Hermopholis (Hermopolis è il nome attribuito dagli storici greci alla località egizia di Khnum, capitale del 15° distretto dell'Alto Egitto che si trovava sulla riva occidentale del Nilo), la prima musa si chiamava allo stesso tempo Isis e Giustizia.

Ho detto, cari fratelli che la giustizia è la base di ogni società.

Non si costruisce sulle sabbie mobili; il cuore dell’uomo ingiusto è più mobile che la sabbia del deserto.

Nulla e nessuno può scappare da questa legge: uomini, imperi, istituzioni, tutto passa dalla giustizia; senza di lei tutto perisce e muore, poiché ogni essere di questa terra è sottoposto a leggi eterne e immutabili.

Quando il grande Principio ha creato migliaia di cose e migliaia di creature, ivi incluso l’essere umano: tutto quello che ha fatto il creatore non è stato fatto esclusivamente per l’umano: lui ha impresso le leggi in tutte le sue opere; queste leggi sono fatte sì che ruotino come un gioco perpetuo, in modo che l’azione e la reazione che risulta dal gioco delle leggi innalzi la catena fino a lui.

Newton è grande perché ha scoperto la legge che governa il mondo fisico; il saggio che conosce quella che governa il mondo morale è ancora più grande di Newton, perché questa scienza lo sosterrà nelle avversità e gli dirà:

“Soffri, spera e segui la legge del mondo morale, è la giustizia che conserva dalla giustizia stessa, se non la si segue, nasce automaticamente la violenza che distrugge”.

Giustamente esaminate e comparate nei secoli le storie di tutti i popoli o nazioni, inizialmente li si vede innalzarsi brillando con un orgoglio ammaliante e poi cadere per non rialzarsi mai più.

Cercando e analizzando gli eventi, si troverà la ragione di questa caduta rovinosa; il più delle volte e’ stata commessa qualche grande ingiustizia, ove sconfiggendo qualche diritto inviolabile si e’ giunti a sostituire la forza della giustizia.

Qui e solo qui,deve essere cercato il segreto delle rivoluzioni e la caduta degli imperi.

Se osserviamo la fortuna degli uomini felici, secondo il parere della gente; quella fortuna che, e’ stata raggiunta con l’inganno e l’ingiustizia illude i volgari, e per quanto facciano i cosi detti uomini felici, la loro fortuna non avrà che un’esistenza passeggera.

Poiché la Provvidenza Cari Fratelli, sorveglia anche più del grande Sir Isaac Newton.

Don. Renzo Pampalon

Cancelliere del Gran Priorato Melitense

Ordine di San Giovanni di Gerusalemme